giovedì 30 novembre 2017

Filippo Palizzi, “L’approssimarsi del temporale”, 1847.

Filippo Palizzi, “L'approssimarsi del temporale”,
1847, olio su tela, cm 70x103, collezione privata.





Filippo Palizzi (Vasto, 16 giugno 1818 – Napoli, 10 settembre 1899) 
“L'approssimarsi del temporale”, 1847
Olio su tela, cm 70x103
Collezione privata.




L’opera appartiene alla fase giovanile di Filippo Palizzi, una fase di cui ci sono rimasti pochi rari dipinti completi e di qualità, come questo, e molti studi parziali nelle collezioni pubbliche della Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea di Roma, dell’Accademia di Belle Arti di Napoli e della Pinacoteca civica di Vasto. 
L’opera, datata 1847, risente ancora di una certa maniera convenzionale, tributaria di una tradizione improntata a Léopold Robert che cerca di coniugare retaggi neoclassici e tematiche di genere. Ma nella resa specifica degli animali risale ancora più indietro al tardo ’700 e in particolare a un pittore come Domenico Brandi che, come ci ricorda Francis Napier, Filippo Palizzi aveva potuto vedere nelle collezioni della marchesa del Vasto. 
Tale modo di rappresentare gli animali in corsa, che paiono come sospesi da terra, proprio alla maniera dei Cervi inseguiti dai cani di Brandi, conservato al Museo Calvet di Avignone, ritorna in varie opere di Filippo Palizzi fin dentro la sua fase più matura successiva al viaggio a Parigi del 1855. 
Ci sono infatti almeno due opere che presentano delle mucche in corsa con una posa analoga a quella delle due mucche in primo piano nel nostro dipinto e precisamente: il Paesaggio con animali e pastori, datato 1857, acquistato dal principe Gioacchino Colonna di Stigliano nel 1858; e il noto dipinto di collezione Marzotto, All’abbeverata, datato addirittura 1859. 
L’opera tuttavia presenta accanto a questi retaggi più antichi nuovi spiragli di modernità tanto nella resa precisa e veritiera del terreno erboso, quanto nelle luci del cielo che diventano gradualmente più fosche man mano che ci si sposta con lo sguardo verso l’angolo a destra in alto. 
Più convenzionale è invece la luce che investe la mandria, così come accadeva fino agli anni ’50 e oltre anche nelle opere di alcuni pittori di Barbizon, come Diaz de la Peña, o addirittura di Courbet, quando erano alle prese con scene di animali nel bosco. 
È infine degno di essere segnalato il particolare di grande fascino del pastore in costume orientale, certamente frutto di qualcuno degli appunti dal vero presi da Palizzi durante il suo viaggio in Moldavia, Grecia, Turchia, al seguito del principe Maronsi, nel 1842.

Mariantonietta Picone Petrusa






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